Traversata della Vena del Gesso Romagnola

Posted on 22/03/2020

Qualche settimana fa, prima che l’Italia piombasse nella crisi sanitaria attuale, c’era ancora la possibilità di camminare serenamente lungo i sentieri delle aree protette della Romagna e noi di Boschi Romagnoli (Marco, Alice e bambini), ci siamo concessi un bel trekking di tre giorni nel Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola.

Pubblichiamo un piccolo racconto per ricordare e condividere con voi la gioia di quelle giornate di cammino, sotto un cielo combattuto tra nubi e raggi di sole, con gli occhi affascinati dagli insoliti panorami rupestri e il naso rapito dai profumi della macchia mediterranea. Un trekking “esotico” a due passi da casa!

ATTENZIONE: lungo l’itinerario sono presenti tratti esposti; non è adatto per chi soffre di vertigini e per chi è alle prime armi con l’escursionismo. Alla fine di ogni tappa trovate “l’angolo tecnico” con itinerario, lunghezza e dislivello affrontati.

Testo di Alice e fotografie di Marco (quasi tutte). Cliccate sulle foto per ingrandirle. Buona lettura!

Prima di restare a casa. Prima di esplorare il giardino di città in cerca di piante selvatiche e animali selvaggi. Prima di tutto questo, siamo riusciti ad organizzare un trekking di 3 giorni lungo la Vena del Gesso Romagnola. Abbiamo voluto provare a percorrerla in tutta la sua lunghezza, o quasi, da Tossignano fino a Brisighella.

Dopo aver consultato la cartina e aver prenotato gli agriturismi per le 2 notti, siamo pronti a partire. Zaino in spalla!

PRIMO GIORNO: da Tossignano (BO) a Borgo Rivola (RA)

Il meteo lo sapevamo era incerto, certa la pioggia.

Siamo partiti a piedi da Tossignano dove abbiamo lasciato una macchina, l’altra ci avrebbe aspettato pazientemente davanti alla stazione di Brisighella. Tossignano è un piccolo borgo posto su di un’altura, nelle colline di Imola. Parcheggiamo nella piazzetta, nei pressi di un gigantesco cedro. Affacciati sulla piazza ci sono il centro visite del parco “I gessi e il fiume” e “L’Ostello dei Gessi” (www.parks.it/ost/dei.gessi/), punto di appoggio per chi vuol fare la traversata della Vena andata e ritorno (e posto tappa dell’Alta via dei Parchi).

Raggiunti i ruderi dell’antica fortezza, lo sguardo può spingersi lontano, tra campi coltivati, calanchi e lungo la bastionata di gesso che emerge dalla campagna circostante, quasi fosse la schiena di un possente dinosauro.

Il cammino inizia fangoso e il fango ci accompagnerà fino a sera ammassandosi sotto le scarpe diventate zeppe da trekking. Dopo qualche scivolata le mani sono sporche e ce le laviamo nelle bacinelle di argilla che troviamo lungo il cammino: le pozzanghere. Lavare le mani nelle pozzanghere è divertente e funziona: tornano pulite. Non avevo mai provato e anche i bambini ci han preso presto gusto.

Salire nel fango è faticoso, il piede scivola e deve cercare, concentrato, un appiglio. Piove, ma non troppo. Basta alzare il cappuccio del k-way! Hop!

Conquistato il crinale, pranziamo seduti sulle ruvide scaglie del gesso: frittatona agli spinaci, focaccia e frappe della Manuela (Bar Albachiara di Forlimpopoli). Fa freddo e la vista è sempre mozzafiato. Ogni volta che fermiamo i nostri piedi; gli occhi continuano a viaggiare lontano.

Scampanellii di capre in avvicinamento ci incuriosiscono. Sono capre bianche con corna ritorte. Ripartiamo. I bambini aspettano con trepidazione i pannelli informativi, soprannominati “cartelli-io-sono-qua”, per capire dove siamo e quanto manca.

Vediamo corolle chiuse di anemone epatica e anemone stellata: i fiori oggi si riparano, aspettano il sole e tengono per sé i loro colori.

La linea del crinale separa due ambienti molto diversi tra loro: a sud, nella rocciosa parete di gesso esposta al sole, troviamo la vegetazione della macchia mediterranea (tappeti di borraccine, timo ed eliantemo, elicriso, arbusti di ginepro e lecci contorti abbarbicati sulla bastionata rocciosa, tra una banco di gesso e l’altro); nel versante a nord, più fresco e umido, è presente un ambiente boscoso tipicamente collinare, con carpino nero, roverella e frassino orniello.

All’interno del bosco, in fondo a un vecchio castagneto è curiosamente parcheggiata una camionetta blu della polizia.

Sostiamo per la merenda presso ca’ Budrio riposandoci tra i cespugli di rosmarino. L’edificio è in via di ristrutturazione e diventerà il “Rifugio Speleologico Antonio Lusa”.

Arrivati in vista di Borgo Rivola veniamo colpiti dalla luce che emana la grossa ferita nella montagna di fronte a noi: la cava di gesso di Monte Tondo.

Scende la sera e tiriamo fuori dallo zaino le torce frontali. Nel buio regna sovrano il profumo: di pesco e di biancospino. E penso: come posso descrivere lo spazio buio fatto solo di profumo in cui mi sto muovendo?

Non ho trovato risposta per ora. I profumi si legano ai ricordi e al senso del gusto: il profumo del pesco è di una dolcezza intensa, l’elicriso sa di liquirizia… Forse un cane saprebbe scrivere questo vocabolario. Mi è venuto in mente il libro di Suskind “Il profumo”, non ricordo la trama, però.

Raggiungiamo il nostro appartamentino nell’agriturismo “Il Gualdo di Sotto” con una lunga camminata, in parte su strada asfaltata, in parte tra i campi, attraversando un piccolo ponte traballante sul Senio. La sera è cena auto-prodotta (tonno, radicchio e riso); la sera è lettura (parecchi fumetti messi gentilmente a nostra disposizione); la sera è stanchezza buona, sul divano coperti da un plaid.

L’ANGOLO TECNICO

Itinerario: Tossignano – Passo della Pre – Cà Budrio – Sasso Letroso – Borgo Rivola

Lunghezza: 11,5 km; Dislivello: +500 m / -650 m (circa)

Pernottamento presso: agriturismo “Il Gualdo di Sotto” (www.agriturismoilgualdodisotto.com); la posizione dell’agriturismo costringe ad allungare un po’ l’itinerario, ma la colazione di Stefania merita tutti i km aggiuntivi!

Note: niente acqua lungo l’itinerario

SECONDO GIORNO: da Borgo Rivola (RA) a Monte Mauro, Zattaglia (RA)

La seconda giornata inizia nella sala dell’Agriturismo “Il Gualdo di Sotto” con una colazione incredibile. Infatti non possiamo credere ai nostri occhi quando Stefania pone con cura sul tavolo ogni ben di Dio. Niente foto, non vi resta che immaginare: piadina calda in un cestino di vimini con prosciutto appena tagliato, formaggio e marmellata (zucca e zenzero, savor e sambuco), torta tenerina al cioccolato spolverata di zucchero a velo e croccanti biscotti. Non abbiamo saputo resistere ad un bicchiere del sangiovese della casa abbinato al salato. Dulcis in fundo è arrivato dalla cucina un assaggio di un dolce antico, la torta di latte, che Stefania ha arricchito di ingredienti e di storia.

Ripartiamo con la pancia piena, ma anche con grande energia: se cammini tanto, il metabolismo vola.

Prendiamo una strada di campagna, siamo soli a parte qualche contadino che si reca nei campi.

In me è chiara e presente la gioia del movimento, mio e del mondo tutt’attorno: galli, caprioli, le farfalle, i pianeti, i fiori che si aprono e chiudono con il passare delle ore.

Iniziamo a salire. C’è fango, tantissimo fango, che si appiccica marrone sotto le scarpe e rende faticoso il cammino. Riporto in queste pagine anche un po’ di fango della tappa precedente perchè i bambini mi hanno detto che non ne avevo parlato abbastanza.

Passiamo nei pressi di un vecchio villaggio, un insieme di ruderi costruiti nel gesso e immersi in un paesaggio fresco e tranquillo: i Crivellari. Da qui parte un sentiero che si inoltra nel bosco per poi salire fino al monte della Volpe. Prima di raggiungere la cima ci fermiamo su un pianoro gessoso per mangiare le nostre focacce. Il percorso di oggi è in larga parte sul crinale per cui è necessario concentrarsi. Troviamo gusci di lumachina, aculei di istrice, nidi di processionaria e scaglie luminose di gesso.

Dall’alto Marco ci mostra il sentiero e, prestando molta attenzione (questo è il tratto più esposto e potenzialmente pericoloso del cammino), scendiamo alla sella di Cà Faggia.

In questo punto, sotto di noi, scorre un piccolo corso d’acqua. A monte della Vena si chiama Rio Stella, percorre la sua piccola valle cieca, si inabissa sotto la parete rocciosa, attraversa tutto un sistema di grotte scavate nel gesso e poi sbuca a valle con il nome di Rio Basino.

Abbandoniamo il sentiero che cavalca la bastionata della Vena e cominciamo a camminare nel bosco che si distende ai suoi piedi. Come descrivere questo bosco? Potrei parlarvi di morbido muschio appoggiato su grandi massi, di luci e di ombre, e del mistero che nasconde: un cuore di gesso.

Eccoci quasi all’agriturismo “La Felce” che raggiungiamo con la strada asfaltata. Il nostro appartamento è protetto da una scarpata di mandorli in fiore. Sul tavolo ci aspettano in un cestino i prodotti per la colazione e una bottiglia di vino dell’azienda agricola. Ceniamo con i maltagliati e fagioli che trasportati sulle spalle fino a qui sono ancora più buoni.

L’ANGOLO TECNICO

Itinerario: Borgo Rivola – Crivellari – Monte della Volpe – Sella di Cà Faggia – Monte Mauro
Lunghezza: 9 km; Dislivello: +600 m / -400 m (circa)
Pernottamento presso: agriturismo “La Felce” (www.parks.it/agr/la.felce)
Note: niente acqua lungo l’itinerario

TERZO GIORNO: da Monte Mauro, Zattaglia (RA) a Brisighella (RA)

Ci svegliamo in mezzo alla campagna, campi ordinati si stendono in forme regolari fuori dalla finestra, sul retro si innalza Monte Mauro, con i suoi 515 metri. I bambini giocano sul soppalco di legno, divenuto il loro angolo dei giochi.

Dopo la colazione mettiamo gli scarponi e iniziamo a salire (l’agriturismo “La felce” è collegato al sentiero per Monte Mauro). La salita è ripida, ma le gambe sono riposate e il panorama diventa sempre più bello man mano che sialiamo. Arrivati nei pressi dell’eremo di Monte Mauro passiamo davanti a una piccola grotta con un altare e una Madonnina incastonata nella parete di gesso. L’eremo è formato da chiesa (Santa Maria Assunta in Tiberiaci) e canonica, edifici recentemente ristrutturati, ma di antica costruzione. Riccardo si siede davanti all’ingresso della chiesa e gioca un po’ con un pelosissimo gatto. Continuiamo a salire sul sentiero gessoso e raggiungiamo la cima di Monte Mauro, il punto più alto della Vena del Gesso, dove lo sguardo può abbracciare il paesaggio a 360°. Nei giorni più limpidi si possono perfino scorgere le Alpi innevate. Cerchiamo Bertinoro, un riferimento affettivo.

La sosta in questo piccolo pianerottolo roccioso è quasi un obbligo. Pranziamo con i panini, che la titolare dell’agriturismo ci ha gentilmente fatto trovare nel nostro appartamentino, e poi ripartiamo. La discesa nel bosco prende un ritmo accelerato: i bambini la fanno di corsa. Oggi il suggerimento di non correre in discesa non ha presa su di loro e forse va bene così, il sentiero è largo e libero da ostacoli. In breve tempo arriviamo sull’asfalto della strada che collega Zattaglia a Villa Vezzano e poi a Riolo Terme. Da qui, per un lungo tratto attraversiamo la campagna tranquilla e solitaria. Incantevole l’agriturismo “Pietra di Luna” visto dalla collina di fronte, protetto com’è da un grande masso staccato in epoche remote dalla rupe di gesso.

Dopo un’oretta di cammino rientriamo nel bosco e seguiamo il sentiero per il rifugio Cà Carnè. Mentre saliamo incontriamo un signore sorridente che trasporta una cassetta di legno con tempere colorate e pennelli: è un volontario del CAI che si prende cura dei segni bianco-rossi sugli alberi. Penso che la grande favola dell’uomo viene inghiottita dalla confusione, ma si ritrova nel silenzio di un bosco. Passiamo davanti al rifugio: oggi putroppo è chiuso e rimpiangiamo le pesche con crema al cioccolato e rosolio.

I luoghi ritornano conosciuti sulla discesa per Brisighella, tra vigne e ulivi.

Giunti in paese, non possiamo fare a meno di camminare lungo la via degli Asini, gioiello di mattoni. Concludiamo la nostra avventura con un meritato aperitivo al Caffè della Loggia: vino locale e piadina alla mortadella.

Torniamo a casa con la voglia di partire nuovamente a piedi verso nuove mete.

Ma adesso… a piedi verso nuove mete non si può andare. Restiamo a casa esplorando i sentieri sui libri, in attesa di rimetterci in cammino.

L’ANGOLO TECNICO

Itinerario: Monte Mauro – Vespignano – Castelnuovo – Cà Carnè – Brisighella
Lunghezza: 11 km; Dislivello: +550 m / -700 m (circa)
ATTENZIONE: l’itinerario presenta tratti esposti, non è adatto per chi soffre di vertigini e per chi è alle prime armi con l’escursionismo.